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lunedì, luglio 03, 2006

L'anticancro "a tenaglia"

Dalle ricerche sulle leucemie di Pandolfi due farmaci contro i tumori di prostata, seno, colon e polmone

AMSTERDAMUna cura "a tenaglia" potrebbe fermare i quattro big killer, i tumori di polmone, prostata, colon e seno. Sulla prostata, prima nelle cavie e poi nell'uomo, sta dando ottimi risultati tanto che sono già in preparazione le sperimentazioni per gli altri tre tumori negli animali. Le "punte" della "tenaglia" sono due farmaci noti e in commercio da tempo con altre indicazioni terapeutiche. Ma si è scoperto che agiscono anche sull' "acceleratore" e sul "freno" della riproduzione, i geni con cui la cellula regola la velocità della sua moltiplicazione e il cui mal funzionamento porta inevitabilmente al cancro.

Il risultato è stato illustrato da Pier Paolo Pandolfi, direttore della ricerca di base del Memorial Sloan Kettering Institute di New York (dove si sta ultimando la costruzione di un nuovo grattacielo di ricerca e cura del cancro da 100 milioni di dollari) a margine del Congresso europeo di ematologia ad Amsterdam."Il farmaco che contrasta l'acceleratore", ha spiegato Pandolfi, "è la rapamicina, usato da anni nei trapianti per opporsi alla reazione di rigetto. Il farmaco che invece spinge direttamente sul freno naturale della moltiplicazione della cellula è l'interferone, nei suoi vari tipi. La decisione di sperimentarli accoppiati sul tumore della prostata, prima nei topi e poi nell'uomo, però non è stata casuale. Nasce dalla ricostruzione, ingranaggio dopo ingranaggio, in quindici anni di ricerca, del complesso meccanismo genetico con cui la cellula tiene sotto controllo la sua capacità di riproduzione e che, se rimane senza freni genera appunto il cancro. È dalla recente scoperta che il "gene-freno", PML, si trova alterato non solo in una rara forma di leucemia, la promielocitica acuta, dove fu individuato nel 1991, ma anche in un'altissima percentuale di casi (per la prostata è alterato nel 70 per cento dei malati) nei quattro big killer.Responsabilità allargate a questi tumori molto diffusi sono state trovate anche per il complesso dei geni acceleratori (tra cui il gene AKT).

E così, mettendo insieme le nuove conoscenze con quelle vecchie sui meccanismi d'azione dei due farmaci si è arrivati a decidere la prova sul tumore della prostata.La sperimentazione della tenaglia interferone-rapamicina avrà un filone italiano. Anche l'Istituto Tumori di Roma si appresta a varare un protocollo di ricerca che avrà per oggetto, probabilmente, il tumore al seno.Ancora lontane invece - ma meno di quanto lo sembravano quando fu scoperto il gene PML - le prospettive terapeutiche di un altro gene di cui si è molto parlato al congresso di Amsterdam. Si tratta di NPM scoperto da Brunangelo Falini, ematologo dell'Università di Perugia."Anche questo gene", ha spiegato Falini invitato ad Amsterdam per illustrare le sue scoperte, "si è visto per la prima volta in una forma di leucemia grave e ora si stanno individuando sue responsabilità molto più ampie e complesse. Le ricerche stanno delineando per NPM una ruolo di "guardiano" del Dna, nel senso che il suo corretto funzionamento impedisce ai geni di alterarsi e innescare il cancro".

Trovare un farmaco che ripristini il corretto funzionamento del gene NPM avrebbe quindi delle enormi conseguenze nella cura del cancro in genere, male che inizia a spaventare anche dal punto di vista economico. "A differenza dei vecchi farmaci su cui sta lavorando Pandolfi, i nuovi, i cosiddetti "intelligenti", prodotti dalla biotecnologia", ha concluso Falini, "hanno dei costi che presto saranno insostenibili per la nostra sanità. In cinque anni nel mio istituto le cure sono passate da essere un peso economico quasi irrisorio all'attuale 40 per cento delle spese. E noi curiamo i tumori del sangue che in Italia sono qualche migliaio di casi l'anno.

Che succederà quando arriveranno i farmaci "intelligenti" per i tumori più diffusi in Italia, i big killer appunto, che colpiscono decine e decine di migliaia di persone ogni anno?".

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