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mercoledì, novembre 14, 2007

Terapie Psicologiche in Oncologia

La neonascente Psiconcologia
Dalla ricerca di:
Dott.ssa Lucia Toscano
Psicologo Psicoterapeuta Dirigente. Presidio Ospedaliero "San Luigi - Santi Currò"
Azienda Ospedaliera di rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione
Ospedali: Garibaldi - San Luigi Santi Currò - Ascoli Tomaselli. CATANIA

Lo scopo della terapia psicologica in oncologia è quello di contemperare qualità e quantità di vita del malato, valutandone le possibilità di adattamento, attraverso l'individuazione dei bisogni che investono prevalentemente la sfera psichica; per conseguire tale scopo occorre analizzare gli aspetti propri della personalità del paziente, in riferimento allo specifico momento del suo quadro clinico.

Una terapia psicologica inizia, quindi, con l'esame oggettivo dello status clinico (terapia chirurgica, medica o radioterapia, fase della malattia, fallow-up, eventuali recidive). Ciò consentirà di cogliere meglio il momento dell'insorgenza della crisi dell'ammalato e di comprenderne le motivazioni.

Per lo più, la crisi deriva dalla percezione del cambiamento della relazione con il proprio corpo, con il proprio io, con la propria famiglia o con il proprio ambiente di lavoro o sociale: una presa di coscienza della propria vulnerabilità che lo segnerà per sempre, sia nel modo di intendere la vita che nell'attribuzione di nuovi significati ad antichi valori.

In una ricerca svolta presso il Dipartimento Oncologico "San Luigi - Santi Currò" di Catania, su un campione di circa 200 pazienti*, è emerso che le più frequenti manifestazioni della crisi del malato oncologico sono il rifiuto, la depressione o l'ansia.

Il rifiuto, ovvero la negazione della propria malattia, se per un verso ha un'incidenza minore sugli aspetti psicologici dell'ammalato, di converso rappresenta un grave ostacolo a quella compliance indispensabile nella fase terapeutica.

La depressione, di converso, spesso assume le connotazioni della rassegnazione, la perdita di motivazioni e di emozioni tale da indurre il paziente a un declino psicofisico irreversibile, con effetti devastanti sia su un piano terapeutico che relazionale.

L'ansia, invece, si manifesta come paura della solitudine, della perdita delle capacità fisiche, delle menomazioni o mutilazioni, delle capacità e possibilità affettive, della propria morte. Lo scontro tra queste fobie e la speranza di una più o meno probabile guarigione, implicano una voglia di vivere che si incunea nella sua sofferenza e che fornisce al terapeuta la possibilità di fare perno sulla stessa per scuotere il malato, facendogli ricostituire un equilibrio che gli permetta di affrontare in modo nuovo la sua condizione.

Esaminato il quadro clinico, lo psicoterapeuta deve valutare tutte le componenti utili ad avere una visione completa del paziente. Dovrà quindi individuare il profilo della personalità del soggetto, con particolare attenzione alle componenti dominanti, quali la passività o la reattività, per passare dopo al rapporto vero e proprio con la malattia. E' in questa fase che occorre individuare i bisogni (per ragioni di sintesi si fa riferimento solo ai bisogni psicologici) del paziente, che sono spesso di natura terapeutica -ovvero dipendenti dagli interventi clinici e chirurgici- e assistenziale.

Ed ecco perché la psicoterapia oncologica o, come si tende ormai a definirla, la psiconcologia è volta al coordinamento delle figure professionali e relazionali che ruotano attorno al malato di cancro.

Il bisogno primario del malato oncologico è la unicità della cura e dell'assistenza; il frazionamento delle competenze professionali ha in passato impedito il consolidamento di una cultura che ponesse al centro dell'attenzione il soggetto ammalato, rispetto alla malattia. La svolta si fa faticosamente strada, ma dovrà necessariamente imporsi, se l'obiettivo è quello di migliorare concretamente la q.d.v. del malato.

Per chiarire meglio il concetto, basti soffermarsi sulla utilità della comunicazione e di una relazione franca e leale tra il medico e il paziente: tutti gli studi concordano nel ritenere (attraverso verifiche svolte) che una buona relazione riduce sicuramente la depressione nel malato. Rilevando l'importanza della comunicazione, la Divisione di Oncologia Medica dell' A.O. di Parma ha in corso un monitoraggio, su tutto il territorio nazionale, delle attitudini di oncologi e altri operatori professionali verso queste tematiche, e ha predisposto corsi di addestramento con lo scopo di fornire un modello efficace di informazione e supporto ai malati oncologici e ai loro familiari.

A proposito dei familiari, la terapia psicologica va rivolta anche a costoro, sia per favorire il loro adattamento alla malattia del congiunto, sia per quest'ultimo al fine di fargli percepire la presenza e l'affetto partecipe dei suoi cari. Occorre rilevare, infatti, che la paura della solitudine e l'ansia dell'abbandono sono componenti molto frequenti nel malato di cancro.

Le problematiche, finora accennate, non possono rappresentare nell'interezza e nella complessità delle tematiche connesse tutti gli aspetti della psicoterapia oncologica, né è possibile individuare regole generali universalmente valide perché ogni ammalato ha una storia e un vissuto personale unico e irripetibile, quand'anche limitato alla storia e al vissuto della malattia.

Ma è certamente possibile enunciare un principio sicuramente valido: un operatore, medico o sanitario, nell'approccio con il paziente oncologico, deve essere necessariamente in grado di capire l'ammalato, di comprenderne i bisogni e soddisfare quelli che rientrano nelle proprie competenze e possibilità, attivando un intervento che si inserisca, uniformandovisi, in quel lavoro di équipe multidisciplinare che appare, almeno allo stato attuale, il più efficace da un'ottica psicoterapeutica.

* Il campione è rappresentato da 201 pazienti sottoposti a psicoterapia, dei quali 62 in reparto chirurgico, 65 in reparto medico, 71 in day hospital e 13 in ambulatorio. La metà del campione è di sesso maschile e l'altra metà (per l'esattezza 101) di sesso femminile. L'età è compresa tra i 21 e gli 80 anni, con prevalenza (il 75%) tra i 40 e 65 anni di età. Il gruppo di confronto, che non aveva subito interventi psicoterapeutici, è, invece, rappresentato da 100 pazienti con analoghe caratteristiche di sesso, di età e patologiche. La ricerca tendeva ad accertare gli aspetti psicologicamente rilevanti e i bisogni del malato oncologico, con l'obiettivo di cogliere eventuali differenze tra i primi ed il gruppo di controllo. I risultati, in corso di elaborazione statistica, relativi all'ansia e alla depressione, mostrano una riduzione dell'una e soprattutto dell'altra nei pazienti in trattamento psicoterapeutico, in modo inversamente proporzionale alla fase di avanzamento della malattia.

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mercoledì, ottobre 17, 2007

Ipnosi, un’alleata contro il dolore

I dati di uno studio pubblicato dal Journal of the National Cancer
Tratto dal: Il Corriere un articolo di:Vera Martinella

Permette di alleviare l’ansia e ridurre gli analgesici, in alcune terapie oncologiche. Diversi ospedali italiani la utilizzano.

MILANO – Non solo farmaci per contrastare la sofferenza durante e dopo un’operazione chirurgica. Secondo uno studio americano recentemente pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute, una breve seduta di ipnosi prima di un intervento allevia l’ansia e il dolore, permettendo di somministrare una minor quantità di analgesici e traducendosi in un’esperienza meno traumatica per le pazienti e meno costosa per l’ospedale. Precedenti ricerche avevano già suggerito che l’ipnosi potesse contribuire ad alleviare problemi di varia natura, aiutando le pazienti a rimettersi più in fretta e, quindi, accorciandone la degenza ospedaliera. Quest’ultimo studio, condotto dai ricercatori della Mount Sinai School of Medicine di New York, ha verificato l’efficacia della tecnica su cento donne che dovevano sottoporsi ad una biopsia chirurgica o all’asportazione di un nodulo al seno e che, prima della procedura, sono state coinvolte in una seduta d’ipnosi: 15 minuti durante i quali le pazienti sono state indotte ad uno stato di relax e sensazioni piacevoli e hanno ricevuto suggerimenti su come ridurre la percezione di dolore, nausea e affaticamento. Altre cento pazienti, invece, si sono limitate ad un breve dialogo con uno psicologo. I risultati, secondo i ricercatori, sono stati chiaramente migliori nel gruppo-ipnosi, per il quale è bastata un’anestesia più leggera e una quantità di sedativi ridotta. Inoltre, le partecipanti hanno riferito meno disturbi emotivi e minori effetti collaterali dopo l’intervento. Secondo gli autori, l’ipnosi ha permesso di risparmiare circa 773 dollari (oltre 540 euro) a paziente.Ma quale “magia” si nasconde dietro a questi meccanismi? Niente sguardi magnetici o potenzialità irrealistiche, tengono a precisare gli esperti. «Tramite l’ipnosi si può accompagnare virtualmente il malato in una condizione di benessere, stimolandolo ad evocare situazioni piacevoli, in modo tale che, dopo l’intervento o anche al risveglio, quando è necessaria un’anestesia generale, la sua percezione del dolore sia minore» risponde Luisa Merati, responsabile del Centro Medicina Psicosomatica presso l’ospedale San Carlo di Milano, che organizza sedute ipnotiche, individuali o di gruppo, con pazienti oncologici (le prestazioni sono rimborsate dal servizio sanitario nazionale e, in ogni caso, i malati di cancro sono esenti dal ticket). «Allo stesso modo – prosegue - è possibile aiutare il paziente a combattere gli eventuali sintomi fastidiosi sia dell’operazione che della chemioterapia. O, ancora, tramite tecniche di rilassamento si può offrire un sostegno psicologico “potenziato”, per superare i momenti difficili della malattia, inducendo calma e ottimismo per contrastare ansia e paura». Una soluzione altrettanto efficace può essere quella di insegnare ai malati a praticare l’auto-ipnosi (una tecnica simile al training autogeno e alle tecniche di meditazione), grazie alla quale i pazienti dovrebbero riuscire a scivolare in uno stato di benessere quando ne hanno bisogno, in day hospital per le sedute di chemioterapia o quando serve un aiuto a casa contro stanchezza cronica, nausea, debolezza.Le potenzialità dell’ipnosi sono già applicate in altri ambiti (per smettere di fumare, perdere peso o contro alcuni disturbi della psiche) e, gradualmente, vengono riconosciute anche in Italia come valide terapie complementari, utili se affiancate ad interventi di altro tipo. A utilizzare questa tecnica sui pazienti oncologici, infatti, sono già diverse strutture, fra cui l’Istituto Nazionale Tumori e l’ospedale San Raffaele di Milano, l’azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari, l’ospedale Umberto I di Lugo di Romagna (Ravenna), l’azienda ospedaliera Molinette di Torino e gli ospedali di Legnago (Verona), Garbagnate (Varese) e Varese. «Al pari di agopuntura e massaggi, le tecniche ipnotiche sono mezzi utili ed efficaci contro il dolore e gli effetti indesiderati delle terapie - commenta Furio Zucco, presidente della Società Italiana di Cure Palliative. - Ma credo che in Italia ci si debba prima occupare dell’abc delle cure analgesiche, per le quali c’è ancora molto da fare: serve, prima di tutto, la prescrizione dei farmaci oppiodi con il ricettario del Servizio Sanitario Nazionale, mentre oggi si usa ancora un ricettario speciale che molti medici di famiglia neppure vanno a ritirare. E bisogna incoraggiare l’immissione sul mercato dei derivati della cannabis, recentemente approvati con un decreto ministeriale». www.psicolife.com Psicologia e Ipnosi Terapia a Firenze

giovedì, ottobre 11, 2007

Cause di cancro nel mondo

valutazione comparativa del rischio associato a nove fattori di rischio comportamentali e ambientali

di Goodarz Danaei, Stephen Vander Hoorn, Alan D Lopez, Christopher JL Murray, Majid Ezzati, e il Comparative Risk Assessment Collaborating Group (Cancers)

Premesse

I progressi nel trattamento del cancro non sono stati efficaci,in termini di riduzione della mortalità,quanto quelli conseguiti per altre malattie croniche; solo per pochi tipi di cancro si dispone di metodi di screening efficaci. La prevenzione primaria attraverso interventi sullo stile di vita e ambientali resta lo strumento principale per ridurre l' impatto sociale del cancro. In questo rapporto viene stimata la mortalità attribuibile a nove fattori di rischio per 12 tipi di cancro,in sette regioni appartenenti alla Banca Mondiale, per l 'anno 2001.
Metodi

Sono stati analizzati i dati del progetto Comparative Risk Assessment e i dati provenienti da nuove fonti al fine di valutare l'esposizione ai fattori di rischio e il rischio relativo in funzione di età, sesso e regione geografica. Utilizzando i dati dell'OMS, sono state applicate le frazioni attribuibili di popolazione (N.d.R.che esprimono di quanto l' eliminazione di alcuni fattori abbasserebbe la mortalità per cancro), per fattori di rischio singoli e multipli, alla mortalità per cancro sede-specifico.

Risultati

Dei 7 milioni di morti per cancro registrate a livello mondiale nel 2001, si stima che 2,43 milioni (35%) fossero attribuibili a nove fattori di rischio potenzialmente modificabili. Di queste morti, 0,76 milioni si sono verificate in Paesi ad alto reddito e 1,67 milioni in nazioni a reddito medio-basso. Tra le regioni a reddito medio-basso, Europa e Asia Centrale facevano registrare la più alta percentuale (39%) di morti per cancro attribuibili ai fattori di rischio esaminati. Delle morti attribuibili a questi fattori di rischio, 1,6 milioni hanno colpito gli uomini e 0,83 milioni le donne. Fumo, assunzione di alcolici e scarso consumo di frutta e verdura erano i principali fattori di rischio di morte per cancro, a livello mondiale e nei Paesi a reddito medio-basso. Nei Paesi ad alto reddito, le più importanti cause di cancro erano fumo, assunzione di alcolici e sovrappeso/obesità. Nei Paesi a reddito medio-basso, la trasmissione sessuale del papillomavirus umano è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di cancro della cervice uterina.

Interpretazione

La riduzione dell'esposizione a fattori di rischio cruciali comportamentali e ambientali preverrebbe una considerevole percentuale di morti per cancro.

Note sugli autori:

Lancet 2005; 366 :1784-93
Harvard School of Public Health,
Boston, MA, USA, and
Initiative for Global Health, Harvard University,
Cambridge, MA, USA
(G Danaei MD,M Ezzati PhD, Prof CJL Murray MD);
Clinical Trials Research Unit (CTRU),
University of Auckland, Auckland,New Zealand
(S Vander Hoorn MSc);e
School of Population Health,
University of Queensland, Brisbane, Australia
(Prof AD Lopez PhD)
Indirizzo per la corrispondenza:
Dr Majid Ezzati,
Department of Population and International Health,
Harvard School of Public Health,
665 Huntington Avenue, Boston, MA 02115, USA
mezzati@hsph.harvard.edu

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lunedì, agosto 13, 2007

Ricercatori britannici: anche l'ipnosi contro il dolore

Scritto da Donatella Barus (Corriere della Sera)

MILANO - Non solo suggestione "stregonesca", ma terapia psicologica che in alcuni casi risulta efficace: l'ipnosi - secondo un gruppo di ricercatori britannici - può aiutare i malati di cancro a vivere meglio, alleviando il dolore e limitando gli effetti collaterali dei trattamenti antitumorali. L'ipnosi è un particolare stato di coscienza (o di sonno) che può essere indotto con varie tecniche (a volte anche solo con l'uso delle parole) in persone predisposte. Le tecniche ipnotiche, aggiungono gli studiosi britannici, appaiono una risorsa promettente, anche se ancora poco esplorata. A dispetto dello scetticismo che accompagna una pratica spesso mistificata, infatti, le applicazioni terapeutiche dell'ipnosi sono già note, per chi, ad esempio, vuole smettere di fumare, perdere peso o gestire disturbi psichici.

In occasione del recente incontro annuale della British Association for the Advancement of Science, la dottoressa Christina Liossi, psicologa dell'università del Galles, ha riferito dei risultati ottenuti contro depressione, nausea, vomito e dolore nei pazienti oncologici sottoposti ad ipnosi. "Sappiamo che l'ipnosi è in grado di agire sul sistema immunitario" - afferma la Liossi sul sito dell'American Society of Clinical Oncology, che ha anche illustrato i dati di uno studio mirato su bambini dai 6 ai 16 anni, affetti da tumore. Ai piccoli pazienti (80 in tutto) sono stati somministrati analgesici locali, e metà dei piccoli pazienti è stata inoltre sottoposta a ipnosi. Quando è stato chiesto ai bambini di indicare l'intensità del dolore provato durante le procedure mediche, secondo una determinata scala di percezione, il gruppo che aveva sperimentato l'ipnosi ha dichiarato una sofferenza minore.

Ma anche le cosiddette tecniche di "brain imaging", o neuroimmagini, ovvero quelle che consentono di visualizzare una parte delle attività cerebrali, contribuiscono a comprendere meglio il fenomeno. E soprattutto a dimostrare che dietro gli effetti dell'ipnosi c'è ben poca magia, ma piuttosto meccanismi biologici complessi e scientificamente "misurabili".

Il professor John Gruzelier, dell'Imperial College di Londra, ha "fotografato" il cervello di persone prima e durante una seduta di ipnosi grazie alla risonanza magnetica funzionale: è emerso che sotto ipnosi, nelle persone più "sensibili", avvengono dei mutamenti significativi a livello della corteccia frontale sinistra (quell'area dell'encefalo coinvolta nei processi cognitivi più complessi e nel comportamento) e della regione chiamata "giro cingolato", connessa con la valutazione delle reazioni emotive.

Insomma, il cervello lavora in maniera differente. Ecco perché, ha spiegato Gruzelier, un soggetto ipnotizzato può compiere azioni che in stato di veglia cosciente sarebbero impensabili.

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martedì, giugno 05, 2007

Gli scienziati dell’istituto di ricerca dei tumori di Cambridge hanno scoperto quattro geni responsabili dello sviluppo del cancro al seno.

Questo grazie ad una nuova tecnica computerizzata, in grado di fornire dei risultati nel giro di poche ore, che funziona confrontando le differenze tra il genoma di volontarie sane e quello di donne affette da tumore al seno.

BRCA1, BRCA2, TP53 e PTENS sono i nomi dei nuovi geni scoperti ma secondo gli esperti la malattia è frutto dell’espressione di centinaia di geni diversi.

Ma gli scienziati rassicurano che grazie a questa nuova tecnologia entro pochi mesi sarà possibile individuare tutti i geni coinvolti nello sviluppo del cancro alla mammella, con una prospettiva futura di poter effettuare delle diagnosi precoci grazie a delle semplici analisi del sangue.

“Tra pochi anni - spiega Karol Sikora, professore alla Imperial College School of Medicine di Londra - saremo in grado di distinguere le donne con un elevato rischio di contrarre il tumore al seno da quelle con medio o basso rischio”.

Lo studio è pubblicato sulla rivista scientifica Nature.

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venerdì, aprile 27, 2007

I bisogni psicologici delle donne con tumore mammario : un modello di rilevamento e di intervento

Abstract

*Nadalini L., **Lorenzini M., *Trabucco G., **Pasqualini M., **Barisoni D., *Ferrari G.

ISTITUTO * Psicologia Clinica Ospedaliera - Divisione di Neurologia (Primario : Prof. Ferrari)
** I^ Divisione di Chirurgia Plastica - Centro Ustioni (Primario : Prof. Barisoni)

Premessa
La ricostruzione mammaria, fatta contestualmente alla demolizione, rappresenta una ãcucitura precoceä ad uno strappo profondo che intacca lâintegrità psico-fisica delle donne, la loro sicurezza femminile, sessuale e la fiducia verso il futuro. Nella donna rimane un senso di angoscia e di perdita oltre il tempo materiale che serve per la ricostruzione morfologica. Se da una parte, la ricostruzione, ha lâeffetto di cicatrice sullo strappo psicologico, dallâaltra mantiene viva la paura del tumore, innestata dalla diagnosi, anche attraverso le sensazioni fisiche che lâespansione e dilazione dei tessuti provoca . Peraltro, questa dialettica emotiva si sviluppa in un periodo che coincide con le cure oncologiche necessarie. Allâosservazione, un momento particolarmente difficile sembra quello della seconda fase dellâiter ricostruttivo (sostituzione dellâespansore con la protesi definitiva).
Pazienti
Lâosservazione è stata fatta su 80 donne, selezionate in modo seriale tra quelle afferenti alla I^ Divisione di Chirurgia Plastica, nel triennio 98-2000. Il campione a cui si riferisce la valutazione è di 50 donne ; dal gruppo sono state escluse le donne i cui dati erano incompleti.
Obiettivi
· Predisporre strumenti standardizzati per rilevare lo stato psicologico durante la prima e seconda fase ricostruttiva ;
· Verificare se la seconda fase (sostituzione espansore con protesi definitiva) sia effettivamente un momento difficile, quasi più dellâinizio della ricostruzione, così come emerge dai colloqui e dallâosservazione ;
· Valutare se ci sia una correlazione tra lo stato emotivo delle donne e il rifiuto di completare la ricostruzione o il gradimento della stessa ;
· offrire un sostegno psicologico di gruppo, con cadenza settimanale ;
· Verificare la percentuale di rischio di sequele psicopatologiche, attraverso follow-up, dopo un anno dalla fine della ricostruzione ;
· Confrontare il rischio di sequele psicopatologiche tra le donne che hanno usufruito di sostegno psicologico e non ;
· Confermare o modificare il protocollo dâintervento psicologico da noi predisposto, integrato con quello medico-specialistico.
Strumenti e metodi
Test standardizzati che valutano lâansia, il tono dellâumore e la qualità di vita ;
Colloquio clinico-anamnestico ;
Sostegno psicologico di gruppo ;
Presenza presso lâambulatorio ricostruttivo-chirurgico.
Conclusioni
Si riportano i dati preliminari della ricerca; ossia i dati basali risultati dalle valutazioni del livello dâansia, di depressione della percezione della qualità di vita del campione di donne. Una parte dei dati è relativa allâinizio della ricostruzione e lâaltra alla seconda fase. Essi confermano lâipotesi clinica e consentono di effettuare importanti considerazioni psicologiche, relazionali e terapeutiche.
I dati preliminari sono di tale interesse che ci sembra necessario estendere il rilevamento dei bisogni psicologici delle pazienti, ad altri Centri.

Indirizzo postale del primo Autore : Dott.ssa Luisa Nadalini, Modulo di Psicologia Clinica - Divisione di Neurologia.Piazzale Stefani, 1. O.C.M. - Az. Ospedaliera - 37126 Verona. Tel. 045- 8073268 (diretto), 045 -8073412 (segr.e fax).

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venerdì, marzo 30, 2007

L’IPNOSI NEI PAZIENTI AFFETTI DA CANCRO

I pazienti affetti da cancro hanno una serie di necessità psicologiche e mediche che possono essere controllate per mezzo dell’ipnosi.Il cancro e le malattie croniche hanno certamente un impatto negativo sull’autostima e sulla fiducia in se stessi.

Perciò tutte le tecniche di rinforzo dell’io possono essere d’aiuto in questi pazienti. Inoltre l’uso dell’autoipnosi per controllare i sintomi da’ al paziente un senso di padronanza e di controllo, e vissuti di speranza. Il dolore è il sintomo principale per alcuni pazienti e vi sono tecniche ipnotiche per controllare il dolore; anche sintomi collaterali come la nausea, il vomito, la diarrea, la perdita di appetito possono essere affrontate con successo per mezzo dell’ipnosi.

L’ansia e la paura sono aspetti molto importanti in questi pazienti:indurre sentimenti di calma e tranquillità permette al sistema immunitario di funzionare al massimo grado,aiutando la lotta contro il cancro: l’autoipnosi e l’ipnosi meditativa profonda o il metodo dell’ipnosi prolungata sono dei validi strumenti terapeutici.

Benché in questo campo i risultati siano a livello aneddotico e limitati nel numero, alcuni riportano risultati positivi con l’uso di tecniche di visualizzazione che stimolano la funzione del sistema immunitario (Rossi 1986, Simonton 1978).

Riassumendo l’ipnosi agisce:

• sul dolore;

• sui sintomi collaterali prodotti dalla chemioterapia;

• sull’ansia;

• sul sistema immunitario.

Con le seguenti tecniche:

• autoipnosi;

• ipnosi meditativa;

• ipnosi ad effetto prolungato;

• tecniche di visualizzazione.

In risposta alla necessità di certi pazienti e delle loro famiglia è stata sviluppata una tecnica utile per coloro che devono affrontare la morte imminente e per coloro che manifestamo grande ansietà riguardo alla morte. Questa tecnica è stata trovata efficace nel correggere l’ansia e nel correggere aspettative errate riguardo all’esperienza della morte e degli effetti della morte sui pazienti e sulla loro famiglia.

Questa tecnica, chiamata “Death rehearsal” varia naturalmente a seconda dei casi ma essenzialmente rappresenta una proiezione del paziente nel futuro con il terapeuta che interagisce coinvolto nella scena visualizzata dal paziente.

Mentre le tecniche ipnotiche usate in prossimità della morte tendono a recare conforto, sicurezza, serena accettazione, diverso è invece lo scopo delle tecniche immaginative praticate per “stimolare”il sistema immunitario: queste tecniche, praticate peraltro in uno stadio molto precoce della malattia, tendono invece a modificare l’atteggiamento di passività insistendo sulla visualizzazione metaforica di difese naturali aggressive, efficaci, potenti.

Senza attribuire all’ipnosi possibilità irrealistiche in questo campo, dobbiamo tuttavia realisticamente ammettere che l’ipnosi è un utilissimo strumento per aumentare la fiducia in se stesso del paziente, aiutarlo ad affrontare e lottare contro la malattia, farlo sentire supportato continuamente – non ultimo, importante è l’effetto dell’ipnosi di sollievo vero eventuali effetti collaterali della necessaria terapia.

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lunedì, marzo 05, 2007

Il Meyer, Ospedale Pediatrico di Firenze presenta la Risonanza Magnetica 3 Tesla

Sarà il primo Ospedale Pediatrico in Italia ad utilizzare un’apparecchiatura di Risonanza Magnetica ad alto campo 3 Tesla. Grazie alla donazione di Giuseppe Lavazza, componente del Consiglio d’Amministrazione Lavazza e della Fondazione Gianfranco Rey, il Nuovo Meyer di Villa Ognissanti si è dotato di una avanzatissima tecnologia di Diagnostica per Immagini. Alta definizione, migliore capacità diagnostica, tempi minori di indagine e quindi minor ricorso alla sedazione: sono i vantaggi che l’apparecchiatura offrirà ai bambini in cura all’Ospedale Pediatrico di Firenze.

Molteplici le applicazioni della nuova apparecchiatura in campo oncologico, neurologico e cardiologico. Accanto a questo la Risonanza Magnetica 3 Tesla apre la strada a quelli che in gergo medico vengono definiti studi funzionali. Qualche esempio: questa apparecchiatura si rivela indispensabile per la stimolazione della corteccia cerebrale. Si pensi alla localizzazione delle aree del linguaggio qualora il neurochirurgo debba intervenire in zone critiche: il poter localizzare le strutture nervose la cui lesione potrebbe creare disabilità è di essenziale utilità al neurochirurgo per operare con i margini di maggiore sicurezza possibile.

L’impiego di questa macchina consentirà al neurologo di riconoscere le vie di propagazione delle crisi epilettiche, rendendone evidente l’estrema utilità nell’ambito clinico-terapeutico e prognostico. La Spettroscopia, indagine che consente allo specialista di vedere quali sostanze sono presenti nell’encefalo sano e in quello colpito da patologie, può essere di aiuto nella diagnosi e nel controllo di malattie rare. In ambito oncologico, in cui i pazienti devono sottoporsi a frequenti esami di controllo, la maggior definizione e rapidità dell’indagine sono elementi di primaria importanza. In ambito cardiologico la necessità di sofisticati programmi di studio è ormai talmente necessaria che la risonanza magnetica costituisce uno dei mezzi essenziali nella valutazione di malformazioni del bambino dopo l’ecocardiografia.

“L'introduzione presso la nostra Neuroradiologia di un apparecchio per la Risonanza da 3 Tesla migliorerà l'approccio diagnostico e terapeutico dei bambini portatori di patologie neurochirurgiche", dice il neurochirurgo Lorenzo Genitori. "Dal punto di vista della pianificazione dell'intervento chirurgico questa apparecchiatura porterà ad una migliore definizione di fasci cerebrali e strutture profonde che permetterà al chirurgo già guidato da robot dedicati (neuronavigatore) di migliorare il gesto e diminuire ancora la morbilità. Gli studi funzionali preoperatori permetteranno una più precisa localizzazione di funzioni e non più di aree cerebrali in modo da poterne rispettare il perfetto funzionamento. Nella chirurgia dell'epilessia farmaco-resistente questo apparecchio migliorerà la capacità di diagnosticare piccole aree disfunzionanti e permettere quindi la loro asportazione senza danneggiare il parenchima sano. Tutto ciò associato anche ad un potenziale enorme per la ricerca in campo delle neuroscienze, porterà un netto miglioramento nella comprensione di quei meccanismi che sono spesso alla base delle malattie neurologiche e neurochirurgiche del bambino. Anche nel campo della neuro-oncologia l'utilizzo di tale apparecchio permetterà di conoscere in anticipo la qualità del tessuto che si andrà ad operare migliorando il gesto,aumentando le possibilità di exeresi radicale ed aprendo le porte a trattamenti più personalizzati al singolo paziente”.

Fonte: Ufficio stampa Ospedale Pediatrico Meyer 2007.

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domenica, febbraio 18, 2007

Cancro: può produrre arterie sue

Tratto da: Repubblica

UN GRUPPO di ricercatori del Laboratorio di Oncologia dell'Istituto Giannina Gaslini di Genova, coordinati da Annalisa Pezzolo e Vito Pistoia, direttore del Laboratorio, ha dimostrato che in alcuni casi di neuroblastoma, un tumore solido pediatrico, i vasi sanguigni che portano nutrimento al tumore possono essere formati direttamente dalle cellule tumorali.
La crescita di qualunque tumore dipende dalla sua rete di vasi. Più ricca è tale rete, maggiore è l'apporto di sostanze nutrienti che alimentano lo sviluppo tumorale e maggiore è la malignità della neoplasia. Il neuroblastoma è il terzo tumore pediatrico per frequenza dopo leucemie e tumori cerebrali e colpisce prevalentemente bambini in età pre-scolare. Purtroppo in circa la metà dei pazienti la malattia si scopre quando ci sono già metastasi e soltanto il 25-30% di essi sopravvive a 5 anni, nonostante l'impiego dei più avanzati protocolli terapeutici.
Uno dei potenziali bersagli per lo sviluppo di nuove cure dei tumori è costituito dalla loro rete vascolare: infatti, colpendo selettivamente i vasi di nuova formazione del tumore, è possibile bloccarne o rallentarne la crescita. Tale approccio, che si è già dimostrato efficace nella terapia di modelli sperimentali di neuroblastoma, è basato sul presupposto che i vasi tumorali, a differenza delle cellule maligne, siano geneticamente normali.
Lo studio della Pezzolo, pubblicato su Journal of Clinical Oncology, dimostra per la prima volta che, in alcuni pazienti affetti da neuroblastoma, le cellule tumorali generano vasi funzionalmente normali, ma geneticamente alterati come le cellule da cui derivano. "Questa scoperta", dice Pistoia, "è molto importante perché vasi tumorali che presentano le stesse anomalie genetiche del tumore di origine possono essere resistenti a molti farmaci utilizzati nella chemioterapia anti-neoplastica e quindi, comprometterne l'efficacia".
"La raccomandazione che emerge dal nostro studio", conclude la Pezzolo, "è che i neuroblastomi di elevata malignità vengano sottoposti a screening per stabilire se i vasi sanguigni che li nutrono derivino da cellule normali oppure dalle cellule tumorali stesse. In quest'ultimo caso i vasi potrebbero essere resistenti ai trattamenti che vengono somministrati per distruggerli. E' pertanto opportuno in ogni paziente identificare l'origine dei vasi tumorali in considerazione delle possibili implicazioni terapeutiche. Ciò può essere fatto con tecniche relativamente semplici e poco costose nelle mani di un operatore esperto".

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martedì, gennaio 02, 2007

La "svolta" molecolare

di Umberto Veronesi *

Il 2006 può essere identificato come l'anno della svolta per le terapie molecolari. Dal punto di vista della ricerca i risultati ottenuti con gli studi genomici indicano che nei prossimi cinque anni avremo a disposizione un numero di terapie molecolari sufficienti per ridurre drasticamente l'utilizzo delle cure chemioterapiche più tossiche, a favore di cure mirate e personalizzate. Gli strumenti si sono moltiplicati: allo IEO è stato messo a punto un test (CEC, circulating Epitelial cells) che, attraverso un semplice esame del sangue, determina l'efficacia delle terapie antiangiogenetiche - quelle cioè che hanno l'obiettivo di ridurre la massa tumorale bloccando la formazione di vasi che portano il sangue al tumore per nutrirlo - per modulare le dosi in base alla risposta individuale al farmaco. La genomica è ormai vicina ad ottenere una vera e propria mappa dei geni di ogni tumore e della loro attività (gene expression profile). Su questa mappa l'oncologo clinico può costruire la terapia per ogni malato. In particolare può capire quali tumori hanno tendenza a metastatizzare. Sono di grande aiuto in questo senso anche gli studi sulle cellule staminali tumorali, cioè quelle cellule capaci di formare un secondo tumore in organi o tessuti diversi da quelli d'origine. È importante l'identificazione delle staminali tumorali del carcinoma del colon, ottenuta alla fine di quest'anno da un' équipe tutta italiana.
* Direttore scientifico Istituto Oncologico Europeo

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