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venerdì, ottobre 20, 2006

Tumore della pelle

Le cellule emettono suono specifico

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore

Le cellule tumorali della pelle, se colpite con una luce laser blu, emettono delle onde che possono essere rilevate da specifici apparecchi; la tecnica può rilevare fino a dieci cellule cancerogene in un campione di sangue ed è stata messa a punto dai ricercatori dell’Università del Missoury-Columbia. Il lavoro è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista Journal of Optics Letters.

In particolare sono i granuli di melanina che colpiti dalla luce laser assorbono l’energia prodotta dal fascio e la rilasciano sotto forma di calore; questo cambiamento di temperatura genera una parziale rottura dei granuli di melanina accompagnati da un "sonoro" rumore che si propaga nel tessuto come uno tsunami e può essere captato da rilevatori fotoacustici.

Le onde sonore prodotte dai granuli di melanina sono ultrasuoni ad alta frequenza che possono essere rilevati con speciali microfoni e analizzati al computer. Il melanoma è un tumore maligno che origina dai melanociti (cellule che producono melanina) i quali perdono l’inibizione da contatto e continuano a dividersi producendo grandi quantità di granuli di melanina. Le cellule tumorali, dunque, per il loro alto contenuto in melanina se irraggiate con luce laser producono una risposta rispetto alle cellule sane e pertanto possono essere rilevate.

"Questo nuovo test ci permetterà di individuare un numero maggiore di tumori e, auspicabilmente, anche precocemente", ha dichiarato John Viator, ingegnere biomedico e coautore della ricerca. "Il solo motivo per cui si può trovare della melanina nel circolo sanguigno è perché vi sono dei melanociti impazziti. Il test messo a punto nel nostro laboratorio è in grado di verificare la presenza di cellule tumorali e la loro concentrazione in soli trenta minuti; può dunque essere utile sia in fase diagnostica sia dopo la terapia per verificare se il tumore è stato estirpato", ha concluso Viator.

Fonte: Weight RM et al. Photoacoustic detection of metastatic melanoma cells in the human circulatory system. Optics Letters 2006; 31(20):2998-3000.




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lunedì, ottobre 09, 2006

TERAPIE PSICOLOGICHE E SOPRAVVIVENZA

di: Eleonora Capovilla, Samantha Serpentini
U.O. di Oncologia Medica - U.O. di Radioterapia, A.O. di Padova

A partire dagli anni ’70 l’aumento delle possibilità di cura dei tumori ha spinto discipline quali l’oncologia, la psicologia, la psichiatria e l’assistenza sociale ed infermieristica ad un crescente interesse per le problematiche psicologiche connesse alla sopravvivenza e, quindi, per l’approccio psicosociale al cancro. In tal senso, negli ultimi trent’anni sono stati compiuti notevoli passi avanti: la ricerca psico-oncologica si è diffusa in un gran numero di paesi allo scopo di analizzare l’impatto psicosociale del cancro su pazienti, famiglie e personale curante e di approfondire il ruolo delle variabili psicologiche e comportamentali nella prevenzione, nella diagnosi precoce e nella cura delle neoplasie. Pertanto, ora la domanda corretta da porsi non è più “E’ utile l’intervento psicologico?”, ma “Quali interventi, diretti verso quali fini, con quali pazienti e con quali modalità di conduzione, sono efficaci?”.

Tra i numerosi interventi psicologici sperimentati i più conosciuti sono i seguenti:

1) le psicoterapie individuali, ad orientamento psicodinamico (es. la terapia di LeShan) o di tipo cognitivo-comportamentale (es. l’Adjuvant Psychological Therapy di Moorey e Greer ), di cui si sono ottenute evidenze sperimentali di utilità nelle diverse fasi della malattia neoplastica;

2) le psicoterapie di gruppo, anch’esse ad orientamento dinamico o cognitivo-comportamentale, o i gruppi di supporto, particolarmente utilizzati con le donne affette da carcinoma della mammella;

3) le numerose varianti di training comportamentale tra cui le tecniche di rilassamento, il biofeedback, l’ipnosi, ecc., che sono risultate efficaci nella riduzione dello stress emotivo, dell’astenia e del dolore;

4) gli interventi psicoeducazionali, individuali o di gruppo, che rappresentano la modalità relativamente più recente di approccio psicosociale al cancro. Essi possono consistere in programmi diversi ma la struttura di base che li caratterizza è quella di coniugare la componente strettamente informativo-educativa con la componente di supporto psico-emozionale. Questi interventi stanno mostrando notevoli benefici sia sugli stati affettivi che sulle capacità di adattamento al cancro, soprattutto in fase postchirurgica e con pazienti in fase iniziale di malattia e buona prognosi.

Nel campo della terapia psicosociale al cancro sono stati condotti numerosi studi che hanno dimostrato l’efficacia delle terapie psicologiche nei malati di cancro, inoltre si registrano molteplici tentativi, più o meno validi, di analizzare le possibili interazioni tra fattori psicosociali e fattori biologici; eppure pochissime ricerche hanno cercato di esaminare gli effetti medici degli interventi psicologici in modo prospettico col fine di indagare eventuali influenze rispetto alla sopravvivenza. Infatti, nella letteratura psico-oncologica internazionale è possibile rintracciare solamente due studi sperimentalmente condotti e ben documentati: lo studio Spiegel e coll.(1981, 1989)(1, 2) e quello di Fawzy e coll.(1990, 1993)(3, 4, 5).

Lo studio di Spiegel era finalizzato alla valutazione degli effetti immediati e a lungo termine di una terapia di gruppo sulla sopravvivenza in 58 donne affette da carcinoma della mammella in metastasi. Le pazienti furono assegnate casualmente ad un gruppo di intervento (cure oncologiche mediche + terapia di gruppo settimanale per la durata di 1 anno) e ad un gruppo di controllo (solo cure oncologiche mediche). Dopo 1 anno dall’intervento il gruppo in trattamento psicoterapico mostrava, rispetto al gruppo di controllo, un livello inferiore di disturbi dell’umore (depressione, ansia, fobie) ed una riduzione significativa del dolore.

A distanza di 10 anni il tempo di sopravvivenza era risultato significativamente più lungo per il gruppo di intervento, con una media di 36.3 mesi rispetto ad una media di 18.9 mesi registrata nel gruppo di controllo. Inoltre i dati mostrarono che livelli più bassi del disturbo dell’umore e livelli più elevati di vigore, rilevati alla fine della terapia psicologica di gruppo, risultavano correlati significativamente ad una maggiore longevità.

Lo studio di Fawzy è stato sperimentato su 66 pazienti affetti da melanoma cutaneo in fase iniziale col proposito di valutare gli effetti immediati e a lungo termine di un intervento psicoeducazionale strutturato, della durata di 6 settimane, sugli stati affettivi e su alcune misure della funzione immunitaria. I risultati di questa ricerca hanno mostrato nei soggetti sottoposti all’intervento (n=38), rispetto ai soggetti di controllo (n=28), una significativa riduzione dello stress psicologico ed un effettivo miglioramento dell’adattamento alla malattia. Inoltre lo studio immunologico riscontrò nel gruppo sperimentale un aumento delle cellule NK e della loro attività citotossica. Gli stessi Autori a distanza di 6 anni effettuarono uno studio di follow-up finalizzato a valutare la recidiva e la sopravvivenza nei pazienti che avevano partecipato alla precedente ricerca. Il gruppo di controllo mostrò una tendenza alla recidiva (13 pazienti su 34) ed un tasso di mortalità significativamente maggiori (10 pazienti su 34) rispetto ai pazienti sperimentali (rispettivamente 7 pazienti su 34 e 3 pazienti su 34).

La ricerca di Fawzy e coll. è stata da noi ripetuta nella realtà italiana (Capovilla e coll., 1999)(6), a Padova, su 19 pazienti affetti da melanoma cutaneo in stadio iniziale e buona prognosi, casualmente assegnati ad un gruppo sperimentale (intervento psicoeducazionale+valutazione psico-immunologica) e ad un gruppo di controllo (valutazione psico-immunologica). Trattandosi di uno studio pilota i risultati sono limitati ma, nonostante ciò, essi evidenziano al termine dell’intervento nei soggetti sperimentali, rispetto a quelli di controllo, delle variazioni a livello psicologico (spirito combattivo e qualità di vita) ed una maggiore potenzialità di risposta immunitaria, sia cellulo-mediata che anticorpo-mediata. I dati relativi alla sopravivenza sono attualmente in fase di valutazione e verranno descritti in sede congressuale.

In conclusione, lo studio della possibile influenza delle terapie psicologiche sulla sopravvivenza è un campo che necessita di ulteriori indagini. Infatti, le relazioni tra sistema immunitario, cancro e stress sono molto complesse e non sono ancora state chiaramente determinate in modo scientifico. In ogni caso, sembra ormai evidente il ruolo degli aspetti psicologici, comportamentali e sociali sull’approccio al cancro e sulle modalità di adattamento ad esso.

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