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mercoledì, agosto 02, 2006

Tumori: scoperte staminali nocive

Responsabili delle recidive nel cancro

Cellule staminali non sono sempre sinonimo di positività. Nell'immaginario comune quando si sente parlare di cellule staminali si pensa sempre alla ricerca su cellule bambine in grado di fare prodigi trasformandosi nei tessuti di volta in volta necessari, ma non è sempre così. Sono state identificate le cellule staminali cosiddette cattive, responsabili della crescita del tumore. La massa tumorale contiene, infatti, al suo interno, un nucleo di cellule progenitrici capaci di riprodursi e resistenti ai trattamenti anti-cancro. Mille volte più potenti delle cellule tumorali normali, queste staminali cattive sarebbero responsabili della ripresa della malattia dopo un intervento chirurgico o il trattamento farmacologico.

Cellula staminale

Lo studio, tutto italiano, su staminali adulte e rivolto al cancro del seno, è stato condotto dal team del Dipartimento di oncologia sperimentale di Marco Pierotti dell'Istituto nazionale tumori di Milano e pubblicato su Cancer Research. "Abbiamo messo a punto un modello sperimentale, sfruttando 14 frammenti chirurgici di donne operate per tumore - spiega Pierotti, illustrando la ricerca condotta da Dario Ponti, in occasione degli 80 anni dell'Int - e ottenendo così una serie di 'mammosfere"'.

Queste cellule staminali, presenti in una minima frazione nella massa tumorale e identificabili in base all'espressione di due antigeni sulla membrana cellulare, sono in grado di riprodurre nei topi lo stesso cancro di origine, anche quando vengono inoculate a bassissime concentrazioni. "Ne bastano mille, rispetto al milione di cellule totali necessarie altrimenti", spiega il ricercatore. Poche cellule umane per far ammalare i topolini, dunque. E all'Istituto sono riusciti non solo a isolare le staminali cattive, ma anche a sviluppare un modello in vitro che ne consente l'espansione. Queste super-cellule tumorali, che come le staminali buone si autorinnovano e generano cellule con diversi tipi di differenziazione, crescono e migrano: "non proliferano molto e tendono a essere quiescenti, lasciando alle loro cellule-figlie il compito di accrescere la massa tumorale".

Inoltre, in genere sono resistenti ai farmaci e alle radiazioni. "Averle individuate - dice Pierotti - consente di sviluppare nuove terapie per andare alla radice dell'insorgere del tumore, distruggerle ed evitare che la neoplasia si riformi".

Insomma, è il primo passo verso la messa a punto di reagenti utili per la diagnosi precoce, ma anche per terapie mirate a battere la componente staminale del tumore. Ma i ricercatori dell'Int hanno lavorato anche sulle staminali buone contro linfomi e leucemie.

Oggi il 50% delle persone con malattie onco-ematologiche viene trapiantato. Ma l'impianto di cellule staminali emopoietiche da donatore compatibile 'classico' comportava alte dosi di chemio e radio pre-trapianto, con alti rischi per i pazienti non più giovani. "Così abbiamo riadattato le dosi di farmaci pre-trapianto. E abbiamo condotto uno studio multicentrico su 150 pazienti sottoposti a trapianto da donatore familiare dal '99 al 2004", spiega Paolo Corradini dell'Int. Ebbene, sia per i pazienti giovani che per gli over 55 la percentuale di sopravvivenza è risultata identica. "Insomma, i risultati dello studio in corso di stampa sul Journal of Clinical Oncology - conclude il ricercatore - indicano che il trapianto allogenico a ridotta intensita' e' una procedura fattibile anche nei pazienti fino ad oggi esclusi dalla procedura". In futuro lo studioso pensa al trapianto di popolazioni cellulari riparatrici, e non di tutto il midollo, e anche all'uso di donatori non compatibili.

tratto da:www.tgcom.it
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