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lunedì, dicembre 11, 2006

Quando si dice fumarsi il cervello...

La nicotina è responsabile di cambiamenti nel metabolismo del cervello, che sono probabilmente il campanello d’allarme di un funzionamento alterato. Lo fa sospettare uno studio condotto in Germania e illustrato in anteprima presso il convegno annuale della Radiological Society of North America.

Che il fumo non faccia bene alla mente non è un’idea nuova. La dipendenza dal fumo, come tante altre dipendenze, avviene proprio perché le sostanze prodotte dalla sigaretta vanno a stimolare una risposta in certe aree cerebrali, ad esempio quelle preposte alla percezione del dolore e del piacere. Con le attuali tecniche di imaging i ricercatori sono in grado di "vedere" ciò che avviene nel cervello mentre si pensa, si compie un’azione, si prova un’emozione o si assume una sostanza; così grazie a una moderna tecnica che permette di studiare in tempo reale la concentrazione nel cervello di sostanze neuroattive prodotte dal metabolismo, alcuni ricercatori dell’Università di Bonn sono riusciti ad analizzare come il metabolismo cerebrale viene alterato a causa dell’abitudine al fumo.

Sono state prese in esame diverse sostanze naturalmente prodotte durante l’attività cerebrale. I soggetti fumatori, sottoposti a questa tecnica d’avanguardia per l’imaging cerebrale, hanno mostrato alterazioni nella concentrazione di tali sostanze. Ad esempio la creatina totale, che altri studi hanno notato essere legata al rischio di ricadute in soggetti dipendenti da sostanze d’abuso, è più elevata nei lobi frontali del cervello dei fumatori. Sono risultati invece a concentrazioni più scarse del normale altri due prodotti del metabolismo cerebrale: la colina, importante per salute delle membrane cellulari, e l’N-acetilaspartato, che scarseggiava nell’area cerebrale reattiva alle sensazioni piacevoli o dolorose. In particolare, la colina era a livelli bassi soprattutto nelle donne fumatrici, mentre l’N-acetilaspartato era tanto più scarso quante più sigarette il soggetto fumava in un anno.

Gli autori della ricerca hanno fatto notare come, in base a precedenti studi, la bassa concentrazione di queste sostanze nel cervello spesso si riscontri in soggetti sofferenti di disturbi dell’umore e di altre patologie psichiatriche, il che getta un’ombra ulteriore sugli effetti che questo "vizio" tanto comune provoca a livello cerebrale, invitando a non prendere sottogamba quest’abitudine e prestare maggiore attenzione alla salute del proprio cervello.

Fonte: RSNA 2006: Strenghtening professionalism. 2-8 dicembre 2006, Chicago.

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